Da venerdì 3 a domenica 19 marzo ad Alassio, sulla passeggiata Cadorna allo spazio espositivo Artender di Studio Scarpati sono in mostra le mie opere.
Semplicemente (?) un Segno
Superfici perfettamente levigate, caratterizzate dalla stesura di un unico colore sul quale sono tracciate linee cromaticamente a contrasto: una struttura compositiva che potrebbe descrivere sinteticamente oltre cento anni della storia dell’arte contemporanea.
Il linguaggio di Igor Grigoletto, di rigorosa essenzialità, rappresenta l’odierna testimonianza di quanto questo tipo di ricerche aniconiche siano ancora attuali; il suo fondamento è certamente razionale, tuttavia non si esaurisce nei fondamenti euclidei, aprendosi alla geometria iperbolica attraverso un’interpretazione del tutto personale del segno. E se nella semiotica il segno rappresenta «qualcosa che sta per qualcos’altro» (aliquid stat pro aliquo) nell’arte di Grigoletto esso diventa il mezzo comunicativo privilegiato.
Le sue opere infatti, all’apparenza non descrittive, sono narrazione tramite segni: ed è quanto accade comunemente nella forma di narrazione più usuale, cioè nella concretizzazione di un pensiero attraverso parole, elementi formati da segni chiamati lettere, ossia da un alfabeto.
Non è un caso che in alcune recenti opere su vetro l’artista abbia tracciato forme lineari o concentriche, spesso variamente ibridate, che corrispondono proprio ad un alfabeto di sua ideazione: il gesto controllato di Grigoletto traccia segni che si fanno quindi comunicazione verbale.
Essi, tradotti nelle sculture in metallo in forma più libera, snodandosi in spirali e cerchi, si inverano matericamente in un filo di cotone rosso: è il fil rouge della memoria, della sensibilità, dell’appartenenza territoriale (la Liguria alla quale è così tenacemente legato, come dimostra l’uso dei risseu -i ciottoli di mare-, del legno marino e dei fiscoli o sportine, doppi dischi di fibre vegetali utilizzati nei frantoi per estrarre l’olio dalla pasta di olive collocata al loro interno).
Segno dunque che si dipana, sia come alfabeto sia come struttura di pensiero, in una alternanza di equilibri e tensioni, di pause e ritmi serrati generando opere che potrebbero suscitare l’annoso pregiudizio al quale si riferiva Giulio Carlo Argan scrivendo in merito alla necessità di una radicale, teorica confutazione dell’arte come rappresentazione: come ricerca operativa l’arte si determina bensì, necessariamente, in un oggetto, ma questo si qualifica come strumento dimostrativo e didattico (Giulio Carlo Argan, 1970).
Descrivere forme e linee combinandole tra loro in matematica armonia, non si può quindi considerare come un atto fortuito, ripetibile da chiunque, senza progettualità, volontà e intensità comunicativa.
Soprattutto, non è semplicemente un segno.
Claudia Andreotta, storico dell’arte